Lo Yoga in Aleister Crowley |
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Abstract
In the context of the increasing interest for Eastern spirituality which
the West experienced towards the end of the 19th century, we find
Aleister Crowley’s encounter with yoga. He didn’t wait for the yoga to come to
him in his country: it was him who went to the East, "determined to work
out the Eastern systems under an Eastern sky and by Eastern methods
alone". Crowley practised yoga techniques in Ceylon in 1901 for some
months, under the tuition of a native master and of Allan Bennett, with whom
Crowley had developed an intimate friendship while in the Golden Dawn.
According to Crowley, the result of his practices was the attainment of the
state of dhyâna, which is one of the highest goals for a yogin.
Crowley was not interested in the metaphysical implications of yoga tradition.
For him, the attainments of yoga practices have not a "spiritual"
value: they are but different states of consciousness, a kind of
"super-consciousness". For him samâdhi is not the state when
the yogin gets to liberation, it is just a special kind of trance,
which permits to obtain what Crowley called "Genius". Having "
Genius" was, according to Crowley, the first condition one needed to found
a new religion. And, as it is known, one of Crowley’s life-lasting aims was to
found one. Another meaning of Crowley’s practices of yoga was the necessity of
a training in what is the most important faculty in Western magical tradition:
imagination. Concentration and meditation, important parts of yoga techniques,
helped him to develop a peculiar skill in visualizing objects through
imagination. "Yoga? There's danger in the biz! But, it's the only chance there is!" (For life, if left alone is sorrow, And only fools hope God's tomorrow.)
Aleister Crowley, The Sword of Song.
Come afferma Massimo Introvigne,
"Crowley si comprende difficilmente senza il suo radicamento nello
yoga" [1]. Lo yoga pervade un po' tutta l'opera del
mago inglese, assumendo nei suoi scritti un'importanza almeno pari a quella
della magia tradizionale occidentale. Necessariamente in questa sede non sarà
possibile affrontare il tema del rapporto tra Crowley e lo yoga in tutta la sua
ampiezza e complessità, tema che sinora non è mai stato approfondito
adeguatamente. Mi limiterò in primo luogo a ripercorrere brevemente il modo e
il contesto in cui Crowley venne in contatto per la prima volta con lo yoga.
Farò poi qualche riflessione e offrirò qualche interpretazione sul significato
che lo yoga ebbe per Crowley. Solitamente, quando si parla di influssi di
dottrine orientali sul sistema di Aleister Crowley, il riferimento immediato e
spontaneo è al tantrismo [2]. Questo, probabilmente, per un semplice
motivo. L'aspetto che sicuramente ha solleticato di più la fantasia e
l'interesse di coloro che si sono occupati di Crowley è senza dubbio quello
della magia sessuale. Sembra dunque quasi darsi per scontato che Crowley abbia
derivato le sue pratiche di magia sessuale da fonti di prima mano, durante i
suoi viaggi in oriente. Per esempio John Symonds e Kenneth Grant,
nell'introduzione alla loro edizione di Magick, sostengono che
"Crowley era stato iniziato anche alle branche più oscure dello yoga,
conosciute genericamente come tantrismo" [3].
Se definire il tantrismo "una delle branche più oscure dello yoga"
non è già di per sé molto corretto, non risulta né dall'autobiografia di
Crowley, né dalla biografia dello stesso Symonds che Crowley abbia ricevuto
un'iniziazione del genere durante uno dei suoi viaggi in Oriente [4].
A meno che Symonds e Grant non facciano riferimento con ciò agli insegnamenti
che Crowley ricevette quando entrò a far parte dell'Ordo Templi Orientis, nel
1910. In questo caso però, si dovrebbe sottolineare che la conoscenza che
Crowley ricevette del tantrismo attraverso l'Ordo Templi Orientis fu comunque
una conoscenza già mediata da un filtro occidentale. Con ciò intendo dire che
questa conoscenza non fu né appresa direttamente sui testi originali del
tantrismo né ricevuta da un maestro orientale. Non sarà certo un caso che Crowley,
tra le letture consigliate per coloro che intendono intraprendere il cammino
della realizzazione secondo il suo sistema, non inserisca nemmeno un testo
della tradizione tantrica, mentre invece abbondano opere classiche della
tradizione yoga e buddista [5]. La vera "scoperta" che Crowley
fece in India fu in realtà proprio lo yoga. Lì egli studiò i testi della
tradizione e cominciò a metterne in pratica gli insegnamenti. In qualche modo
tutto il suo lavoro successivo venne influenzato da queste esperienze e lo
spazio che egli dedicò allo yoga nelle sue opere è molto ampio [6].
Crowley aveva solo ventisei anni quando giunse per la prima volta in India.
L'interesse per la spiritualità orientale aveva già da tempo cominciato a
diffondersi in Occidente e da curiosità erudita si stava trasformando sempre
più in esigenza esistenziale. Attraverso la Società Teosofica e grazie ad
avvenimenti come quello del Parlamento Mondiale delle Religioni, tenutosi nel
1893 a Chicago in concomitanza con l'Esposizione Universale, l'Occidente veniva
a conoscenza di nuovi, esotici, percorsi spirituali. Come hanno fatto notare
sia James Webb che Massimo Introvigne, questa ricerca della spiritualità
orientale si trovò molto spesso unita a un interesse per le tradizioni
esoteriche e occulte occidentali [7].
In questo contesto si colloca la "scoperta" dello yoga da parte di
Aleister Crowley. Questa scoperta avvenne quando Crowley, nei primi di agosto
del 1901, giunse a Ceylon [8]. Erano ormai diversi mesi che era in
viaggio. Nella primavera del 1900 alcuni contrasti sorti all'interno della
Golden Dawn tra Mathers, che ne era il capo, e altri membri prominenti, tra cui
William Butler Yeats, avevano portato a una scissione nell'ordine [9].
Crowley, che ne era entrato a far parte meno di due anni prima, aveva
parteggiato per Mathers, ma dopo la scissione vera e propria aveva deciso di
lasciare l'Inghilterra per un lungo periodo. Il suo patrimonio, allora ancora
intatto, gli consentiva di intraprendere questo viaggio, al quale ne sarebbero
seguiti molti altri, senza preoccupazioni. La sua prima destinazione fu il
Messico, che raggiunse nel luglio del 1900. Rimase in questo paese diversi mesi
e durante il suo soggiorno fu raggiunto dal suo amico Oscar Eckenstein.
Eckenstein era un alpinista piuttosto famoso e Crowley aveva già compiuto
diverse scalate con lui sulle Alpi. I due fecero alcune ascensioni sulle
montagne più alte del paese centroamericano. È opportuno richiamare questi
particolari, perché pare che Eckenstein non sia stato solo un maestro di
alpinismo per il più giovane Crowley. Nella sua autobiografia, Crowley ci dice
infatti che fu lui, proprio durante il soggiorno in Messico, a insegnargli una
tecnica di concentrazione, che consisteva nell'immaginare un oggetto e nel
tenere questa immagine fissa il più a lungo possibile [10].
Lo scopo era na turalmente quello di ottenere un certo controllo sulla mente e
sui processi del pensiero. Purtroppo Crowley non ci dice dove Eckenstein avesse
appreso questa tecnica, anche se ci avverte che il suo mentore non aveva nulla
a che fare con la magia e che, anzi, si prendeva gioco del suo più giovane
amico per i suoi interessi occulti [11].
A partire da questo momento, Crowley mise da parte la magia cerimoniale che
aveva imparato a praticare nella Golden Dawn e si dedicò a esperimenti basati
su questa nuova tecnica [12]. Ciò preparò sicuramente il terreno
all'incontro con le tecniche dello yoga vero e proprio. Dopo essersi separato
da Eckenstein e aver lasciato il Messico, Crowley attraversò il Pacifico, con l'intenzione
di raggiungere un altro suo amico, Allan Bennett, che aveva conosciuto nella
Golden Dawn. Bennett si era ritirato a Ceylon da circa un anno e aveva
cominciato a studiare lo yoga e il buddismo con un maestro del luogo. Crowley
stimava molto Bennett; avevano vissuto insieme a Londra per un certo periodo e
avevano fatto molti esperimenti di magia cerimoniale. In seguito al suo
trasferimento a Ceylon, Bennett aveva abbandonato la magia della tradizione
occidentale, per dedicarsi allo studio della sapienza indiana. Come abbiamo
visto, anche Crowley aveva temporaneamente messo da parte la magia, e, quando
giunse a Ceylon, era pronto a lanciarsi in questa nuova avventura spirituale.
Il maestro di yoga di Bennett era Sri Parananda Ramanathan, del quale non
sappiamo granché se non che era il Procuratore Generale di Ceylon e apparteneva
a una setta scivaita. Al suo arrivo, Crowley si unì subito a Bennett nelle sue
ricerche e nei suoi esperimenti con lo yoga. Entrambi erano, come Crowley
stesso dice, "determinati a praticare i sistemi orientali sotto un cielo
orientale e con metodi solamente orientali" [13].
Crowley convinse Bennett ad affittare un bungalow a Kandy, nell'interno
dell'isola, e a continuare da soli le pratiche yoga. Le tecniche che Crowley
apprese in quel periodo erano perlopiù tecniche dello yoga
"classico", basato cioè sui principi fissati da Patañjali [14].
Quotidianamente egli si esercitava con l'âsana, cioè l'assumere con il
corpo una determinata posizione sino a raggiungere l'assoluta immobilità, il prânâyâma,
cioè la tecnica di controllo del respiro, il dhâranâ, ovvero la
concentrazione che consente l'arresto del flusso del pensiero[15].
Ai primi di ottobre, dopo due mesi di queste continue pratiche, Crowley
raggiunse, a suo dire, quello che è il penultimo gradino della realizzazione
yoga, il dhyâna. Superiore al dhyâna è solo il samâdhi,
che è la meta suprema per colui che pratica lo yoga e segna il raggiungimento
della liberazione. L'esperienza del dhyâna fu per Crowley molto
importante. Secondo Israel Regardie fu "il più importante risultato
spirituale che egli avesse conseguito sino ad allora." [16]
Dopo questo successo Crowley interruppe i suoi esercizi. Probabilmente questo
successo l'aveva appagato a sufficienza. Verso la fine di novembre lasciò
Ceylon. Doveva raggiungere il nord dell'India, dove aveva un appuntamento con
Eckenstein per organizzare una spedizione sul K2. Non risulta che negli anni
successivi egli abbia mai ripreso a praticare lo yoga con la stessa assiduità
che caratterizzò il "ritiro" di Ceylon, ma evidentemente le
esperienze di quel periodo ebbero un profondo influsso su di lui.
Successivamente, Crowley rivendicò di avere raggiunto anche il samâdhi,
e di avere completato dunque il suo percorso mistico secondo i canoni dello
yoga, anche se non è ben chiaro in quale momento ebbe questa esperienza. C'è un
aspetto da tenere in considerazione a proposito delle pratiche yoga di Crowley
a Ceylon, che è stato evidenziato da Regardie [17].
Il dhyâna fu ritenuto da Crowley un passaggio di particolare valore nel
suo percorso spirituale. Anche dopo il suo distacco dalla Golden Dawn, e la sua
perdita di fiducia nei confronti di Mathers, Crowley aveva continuato a scandire
la sua evoluzione magica e spirituale secondo lo schema di gradi dell'Ordine.
Ciò significa che, non potendo più ottenere i gradi della Golden Dawn
attraverso l'iniziazione formale, egli cominciò ad autoattribuirsi questi gradi
in successione. Così, se il lavoro magico svolto in Messico gli consentì di
attribuirsi il grado di Adeptus Major, grazie al dhyâna di Ceylon, poté
ascendere al grado di Adeptus Exemptus. Dunque possiamo notare che Crowley
vedeva una certa continuità tra le sue pratiche magiche e l'esperienza dello
yoga. Si può dire che per lui il percorso era sempre unico, anche se diverse e
multiformi potevano essere le esperienze che consentivano di procedere. Quali
furono gli aspetti dello yoga che attrassero tanto Crowley? C'è un elemento caratteristico
dello yoga che è stato evidenziato da Eliade, che ci interessa particolarmente:
è quello della "sperimentalità" [18].
Lo yoga non ci presenta una metafisica dogmatica e complicata, ci offre semmai
un percorso d'azione. Ci dice cosa fare per ottenere certi risultati. Se i
risultati si ottengono oppure no, ognuno lo può sperimentare attraverso la
pratica. Questa spiccata tendenza al concreto non poteva non essere congeniale
a Crowley. Qui è opportuno aprire una parentesi. C'è un aspetto della mentalità
di Crowley, che è stato piuttosto trascurato e che invece a me sembra centrale.
Faccio riferimento alla sua forte componente di razionalismo. Forse il fatto
che egli si sia occupato di magia e di misticismo per tutta la vita porta a
ritenere che la sua forma mentale era prevalentemente basata su criteri
irrazionali. Niente di più lontano dalla verità. Si può dire invece che Crowley
aveva una componente razionalista così spiccata, da accordarsi con le tendenze
più prettamente positivistiche della sua epoca. Nei suoi scritti Crowley cita a
ogni piè sospinto autori come James Frazer, Herbert Spencer, Thomas Henry
Huxley; studiosi e pensatori che della razionalità e del positivismo avevano fatto
una causa da difendere e da diffondere. Che si trattasse di magia o di yoga,
l'idea di Crowley era di procedere sempre con un rigoroso metodo sperimentale.
Durante il suo apprendistato nella Golden Dawn, Crowley aveva imparato a tenere
un diario nel quale annotare i suoi esperimenti magici. Ora metteva a frutto
questa pratica trasformando i suoi diari in veri e propri registri di
laboratorio. Durante i mesi trascorsi a Ceylon egli annotò con cura tutti i
suoi esercizi, registrando tra l'altro la sua condizione fisica e mentale del
momento e il risultato ottenuto. Allo stesso modo si comporterà diversi anni
dopo quando "scoprirà" il metodo della magia sessuale e comincerà a
fare esperimenti con essa [19]. Con questo spirito da ricercatore
scientifico Crowley si accostò allo yoga. E lo yoga, proprio per la sua
caratteristica di "sperimentalità", cui abbiamo accennato prima, si
prestava particolarmente bene a un approccio di questo tipo. C'è poi un altro
aspetto interessante. Una cosa in particolare sembra essere stata molto a cuore
a Crowley: l'origine del "genio". All'inizio della prima parte del Book
Four, dedicata appunto allo yoga, Crowley tratta l'argomento [20].
In qualche modo questo ci aiuta a capire il significato delle pratiche yoga per
Crowley, e d'altra parte conferma indirettamente ciò che abbiamo detto detto a
proposito del suo razionalismo. Crowley dunque, nel testo citato, vuole
affrontare razionalmente il problema della religione. Tutte le vecchie
religioni, secondo lui, sono ormai al collasso. Ciò che si può fare è
reimpostare la questione dal principio. Le religioni sono molte e molto diverse
tra loro, ma forse è possibile trovare un elemento condiviso da tutte. Ebbene,
questo elemento egli lo individua proprio nel "genio religioso", cioè
in quel particolare carisma posseduto da coloro che fondano nuove religioni.
Tutti i fondatori di religioni, ci dice Crowley, presentano un tratto in
comune: a un certo punto della loro vita essi scompaiono, o si ritirano, per un
periodo più o meno lungo e, quando ricompaiono, sono in possesso del carisma
necessario per fondare una nuova religione. Durante quel periodo di ritiro, evidentemente,
deve accadere qualcosa di particolare. Ebbene, secondo Crowley quello che è
accaduto a Mosè, a Gesù, a Maometto, al Buddha e a tutti gli altri fondatori di
religioni è del tutto analogo a quell'esperienza mistica che nello yoga viene
definita con il termine samâdhi. Secondo lo yoga di Patañjali il samâdhi
è l'ultimo stadio della realizzazione, quello nel quale si raggiunge la
liberazione. Per Crowley, se i vari fondatori di religioni hanno descritto
quest'esperienza in modo diverso, è perché diverse erano le culture e le
tradizioni nelle quali essi si erano formati. Questo ha fatto sì che essi
interpretassero quello che sostanzialmente era lo stesso fenomeno in modi
diversi. Così, per esempio, Maometto ha conversato con l'arcangelo Gabriele, il
Buddha è giunto all'Illuminazione, Mosè ha incontrato Dio sul Monte Sinai.
Questo è un punto estremamente importante, sul quale è necessario fare una
riflessione. Crowley traccia un'equazione tra le esperienze mistiche o di
contatto con la divinità che alcuni "fondatori di religioni" hanno
sperimentato, con l'esperienza del samâdhi. Questo perché entrambi i
tipi di esperienze consentono al "genio" che è latente nell'uomo di
affiorare. E allora ecco l'intuizione di Crowley: se queste esperienze sono in
sostanza una sola cosa, allora con lo yoga si ha a disposizione una tecnica che
consente di giungere a essa. Lo yoga, dunque, diventa un metodo per ottenere
"genio" a volontà. Un metodo, per giunta, del tutto sperimentale. C'è
tuttavia un aspetto che rimane sottinteso nel suo discorso. Crowley riteneva
che in lui fosse affiorato né più né meno lo stesso "genio religioso"
che egli individuava nei fondatori di religioni citati prima. Anche Crowley
riteneva di avere un messaggio da diffondere al mondo, un messaggio che fosse
adatto per la nuova era. Egli fondò la sua religione, la cosiddetta religione
di Thelema, basata su una "rivelazione" contenuta in un "testo
sacro", il Libro della Legge [21].
Naturalmente Crowley non intendeva dire che chiunque pratichi lo yoga sino a
raggiungere il samâdhi sia in grado di fondare una religione, ma
quantomeno il sottinteso è che a lui è accaduto proprio questo. Una citazione tratta dal Book
Four servirà a illustrare meglio questo aspetto: ...affermiamo l'esistenza d'una fonte
segreta di energia che spiega il fenomeno del Genio. Noi non crediamo ad alcuna
spiegazione sovrannaturale, ma sosteniamo che tale fonte può essere raggiunta
seguendo regole precise; il grado del successo dipende dalle capacità del
ricercatore, non già dal favore di un Essere Divino. Noi affermiamo che il
fenomeno critico che determina il successo è un atto che si compie nel cervello
ed è caratterizzato essenzialmente dall'unione di soggetto e oggetto. [22]
Da queste parole risalta in modo assai chiaro l'aspetto razionalista, direi
quasi positivista di Crowley. A Crowley non sembrano interessare molto i
principi filosofici su cui si basa lo yoga, come il dualismo tra purusa
e prakrti, che corrisponde grossolanamente a quello occidentale
tra spirito e materia, o la presenza di Içvara, cioè di un'entità suprema.
Questi sono elementi che potremmo definire "sovrastrutturali", che
dipendono dal contesto ambientale in cui lo yoga come dottrina è stato
formulato. Essi dipendono quindi dal livello di comprensione di coloro cui le
dottrine yoga erano originariamente dirette. Ciò che solo conta è il nucleo di
queste dottrine: eliminando l'involucro e mantenendo il nucleo si ha una
tecnica valida per chiunque. Notiamo qui un aspetto molto evidente del pensiero
di Crowley, che lo identifica senza dubbio come un figlio del suo tempo. È
quello che potremmo definire "pregiudizio positivista". In effetti egli
riteneva di capire e saper interpretare le dottrine tradizionali dello yoga
meglio di quanto facessero gli indiani stessi [23].
Si tratta qui, più o meno, di quello stesso tipo di pregiudizio che René
Guénon, in una sua nota opera sulle dottrine tradizionali indù, definiva come
"un'incredibile aberrazione". [24]
Non ci sono misteri, né implicazioni metafisiche, nella visione che Crowley ha
dello yoga. Si ha a che fare, si direbbe, quasi esclusivamente con la cruda
fisiologia. E questa visione "fisiologica" dell'esperienza spirituale
o religiosa conduce Crowley a un'intuizione che mi sembra di straordinario
interesse. In un passo della sua autobiografia egli scrive:... il samâdhi,
qualunque cosa sia, è perlomeno uno stato mentale esattamente come la
concentrazione, la rabbia, il sonno, l'ebbrezza e la malinconia. Molto bene.
Ogni stato mentale è accompagnato da stati fisiologici corrispondenti. Si
osservano lesioni della materia cerebrale, disturbi dell'irrorazione sanguigna,
e così via, in una relazione apparentemente necessaria con questi stati
spirituali. Inoltre, sappiamo già che certe condizioni spirituali o mentali
possono essere indotte agendo sulle condizioni fisico- e chimico-fisiologiche.
(...) Perché dunque non dovrebbe essere possibile escogitare un qualche metodo
farmaceutico, elettrico o chirurgico per indurre il samâdhi e creare il
genio semplicemente come creiamo altri tipi di particolare eccitazione? La
morfina rende l'uomo santo e felice, ma in un modo negativo; perché non
dovrebbe esserci una qualche droga che sia in grado di produrre l'equivalente
in positivo? Il mistico rimarrà senza fiato per l'orrore, ma non è necessario
prestargli attenzione. È lui che insulta la natura postulando una discontinuità
nei suoi processi. Se ammettiamo che il samâdhi è uno stato sui
generis va a finire che ci ritroviamo di nuovo di fronte tutte le fandonie
del soprannaturale che già avevamo messo da parte. [25]
Questo passo mostra a quale estrema conseguenza era giunto l'atteggiamento
"razionale" di Crowley nei confronti dello yoga. Secondo Crowley, se
neghiamo qualsiasi carattere di soprannaturalità al samâdhi, rimane di
esso il solo aspetto fisio-psicologico. Stando così le cose questo stato
potrebbe essere indotto, almeno teoricamente, con un qualche mezzo artificiale,
nella fattispecie qualche sostanza psicoattiva. È noto che Crowley fece uso di
droghe sin dalla giovinezza. Ebbene, nel passo citato troviamo una spiegazione
estremamente lucida di questo uso. All'origine troviamo il desiderio della
sperimentazione, la ricerca di nuove vie, anzi di scorciatoie, per la realizzazione
spirituale. A che scopo perdere tempo in esercizi complicati ed estenuanti, se
è possibile avere tutto subito? Questo aspetto è tanto più interessante se
consideriamo che esso, in un certo senso, collega Crowley alla cultura
psichedelica degli anni sessanta; anni che non a caso videro una riscoperta
delle sue idee e della sua figura [26].
Questo collegamento, del resto non è senza passaggi intermedi, visto che alcune
fonti, per esempio, sostengono che fu Crowley a introdurre Aldous Huxley alla
mescalina negli anni trenta [27]. È nota l'influenza che ciò che Huxley
scrisse a proposito delle sue esperienze con le droghe ebbe sulla successiva
cultura psichedelica. Del resto l'idea di "abbreviare" il percorso
dello yoga con sostanze stupefacenti non era certo originale. Nella stessa
tradizione indiana sono conosciute forme "popolari" di yoga,
influenzate probabilmente da elementi di origine sciamanica, che contemplano
l'uso di sostanze come la canapa o l'oppio per ottenere transe estatiche [28].
L'uso di queste sostanze è però scarsamente attestato dalla tradizione dello
yoga classico. [29] Vorrei ora toccare un altro possibile
aspetto del significato dello yoga per Aleister Crowley. La mia impressione è
che egli adoperò le varie forme di meditazione e di concentrazione necessarie
per la pratica yoga anche per esercitare e sviluppare una facoltà che è
assolutamente centrale per la tradizione esoterica e magica occidentale:
l'immaginazione. Secondo Ioan Culianu, la magia è una "scienza dell'immaginario"
e Antoine Faivre ha posto proprio l'immaginazione tra gli elementi fondamentali
dell'esoterismo occidentale moderno. [30]
C'è in effetti un filo rosso che collega la mnemotecnica rinascimentale alla
tecnica dei cosiddetti "viaggi astrali", che veniva insegnata ai
membri della Golden Dawn [31]. Questo filo rosso è proprio
l'immaginazione. Attraverso l'immaginazione il mago ha a disposizione una
dimensione parallela a quella della realtà oggettiva, una dimensione nella
quale egli si muove e ha delle sensazioni, nella quale si compiono delle
esperienze significative, spesso di tipo simbolico. Ma, evidentemente,
l'immaginazione è una facoltà che va allenata. Con gli esercizi iniziati sotto
la guida di Oscar Eckenstein e con quelli eseguiti insieme ad Allan Bennett a
Ceylon, Crowley esercitava anche le sue capacità di concentrazione e di
immaginazione. Voglio dare qui due piccoli esempi di ciò che intendo dire. Nel
1906, dopo un tentativo fallito di scalare una delle montagne più alte
dell'Himalaya, il Kangchenjunga, Crowley intraprese un viaggio in Cina, che
durò diversi mesi. Durante questo viaggio egli praticò un rituale che riveste una
grande importanza nella sua "carriera magica": l'Augoeides.
Qual era la particolarità di questo rituale magico, che nel suo complesso si
protrasse addirittura per trentadue settimane? La particolarità era il fatto
che l'Augoeides venne praticato esclusivamente sul piano
dell'immaginazione [32]. Per motivi che qui non approfondiremo,
Crowley aveva la necessità di iniziare a praticare questo rituale proprio nel
momento in cui si trovava in Cina. Nelle condizioni in cui era, non poteva
disporre né di un tempio magico, né della solitudine necessaria per questo tipo
di pratiche. Dunque decise di fare a meno di qualsiasi elemento esterno e
materiale. Attraverso l'immaginazione, Crowley visualizzava il tempio magico,
con tutti gli arredi e il resto, e poi proiettava un'immagine di se stesso
all'interno di questo ambiente. Così svolgeva le azioni necessarie per il
rituale su un piano totalmente immaginativo, isolato da tutto quanto gli
accadeva intorno. Crowley ci dice che era in grado di svolgere queste
operazioni, che erano quotidiane, anche mentre stava camminando o era a
cavallo. L'altro esempio, che non ha niente a che vedere con la pratica magica,
riguarda la particolare abilità di Crowley nel gioco degli scacchi. Israel
Regardie, un discepolo di Crowley, ci dice che egli era in grado di giocare, e
di vincere, contro due avversari contemporaneamente, senza mai vedere la
scacchiera [33]. In questo caso Crowley visualizzava una
scacchiera immaginaria, anzi due, sulle quali muoveva pezzi immaginari.
Naturalmente le mosse venivano comunicate tramite le coordinate, lettera più
numero, della scacchiera. Chi conosce anche superficialmente il mondo degli
scacchi sa che la capacità di giocare "alla cieca" non è affatto
straordinaria per un maestro [34]. C'è addirittura chi è stato in grado di
giocare quarantacinque partite "alla cieca" contemporaneamente [35].
Ciò che a noi interessa, piuttosto, è il fatto che questa capacità
visualizzativa di Crowley va collegata probabilmente con le sue pratiche yoga e
sicuramente con le sue pratiche magiche. Sia Regardie, sia lo stesso Crowley
mettono in relazione l'abilità nel giocare a scacchi di quest'ultimo con la
pratica magica, e in particolare proprio con l'Augoeides. [36]
Indubbiamente la scoperta dello yoga da parte di Aleister Crowley si inquadra
in quella spinta a Oriente che il "sostrato illuminato", per usare
l'espressione di James Webb, mise in atto a partire dalla seconda metà del
secolo scorso. Però abbiamo avuto modo di constatare come l'esito di questa
scoperta fu tutt'altro che scontato. Nell’escludere interpretazioni
soprannaturali, Crowley mostra tutta la sua dipendenza dagli schemi di pensiero
più diffusi della sua epoca. Ci troviamo così di fronte a un mistico di nuovo
tipo, che cerca di integrare i dati della tradizione con la scienza e il
progresso. Del resto, il suo razionalismo non gli impedì di inserirsi appunto
nella più schietta tradizione magica occidentale, dal momento che cercò di
mettere a pieno frutto quella facoltà fondamentale per il mago:
l'immaginazione. Note 1. Massimo Introvigne, Il cappello del mago - I nuovi movimenti magici, dallo spiritismo al satanismo, SugarCo, Milano 1990, p. 313. 2. Riferimenti a eventuali influssi del tantrismo su Crowley si trovano un po' ovunque, ma soprattutto in Francis King, Il cammino del serpente - Storia, Riti e Misteri della Magia Sessuale, Edizioni Mediterranee, Roma 1979, passim. Si può vedere anche quello che dice in proposito Julius Evola in Metafisica del Sesso, Edizioni Mediterranee, Roma 1988, p. 384 e ss. Da notare che Evola attribuisce erroneamente a Crowley l'incontro con "due esponenti indù della Via tantrica della Mano Sinistra, Brima sen Pratab e Sri Agamya Paramhamsa [sic]", citando come fonte la biografia di Crowley scritta da John Symonds. Si tratta certamente di una svista, perché in realtà Symonds nella sua opera afferma che a incontrare i due guru indiani fu Carl Kellner, i cui contatti con Theodor Reuss possono essere considerati all'origine dell'Ordo Templi Orientis, l'ordine massonico di frangia cui in seguito appartenne anche Crowley. Kellner, che morì probabilmente prima che l'OTO venisse effettivamente creato da Reuss, non ebbe comunque mai alcun rapporto con Crowley (cfr. John Symonds, The Beast 666 - The Life of Aleister Crowley, Pindar Press, London 1997, p. 160). 3. Aleister Crowley, Magick, Astrolabio, Roma 1976, p. 6. 4. L'autobiografia è The Confessions of Aleister Crowley - An Autohagiography, Arkana, London 1989. L'ultima edizione della biografia di John Symonds è quella indicata nella nota 2. 5. La cosa viene rilevata, del resto, anche da Symonds e Grant: "È singolare il fatto che Crowley, il quale poneva in grande risalto gli insegnamenti sessuali del Tantrismo (Vamacharin) abbia omesso di ricordare, persino nel suo elenco di autori, il nome di Sir John Woodroffe (Arthur Avalon), i cui testi tantristi furono pubblicati intorno al 1920." (Aleister Crowley, Magick, cit., p. 6). 6. Due sono le opere principali di Crowley sullo yoga: la prima parte del Book Four, che fu pubblicata nel 1912 (ora si trova in Aleister Crowley, Magick, cit.) e le Eight Lessons on Yoga, pubblicate per la prima volta nel 1939 (un'edizione recente è quella della New Falcon Publications, Scottsdale 1991). 7.
Su questo punto e più in generale sulla diffusione in
Occidente dell'interesse per la spiritualità orientale, cfr. James Webb, The
Flight from Reason - The Age of the Irrational, Macdonald, London 1971, i
capp. II ("Babel") e III ("The Masters and the Messiah"); e
Massimo Introvigne, Le nuove religioni, SugarCo, Milano 1989, p. 267 e
ss. torna 8. Sul periodo che Crowley trascorse a Ceylon, cfr. Aleister Crowley, The Confessions of..., cit., pp. 232-254; John Symonds, op. cit., pp. 43-45; Israel Regardie, The Eye in the Triangle - An Interpretation of Aleister Crowley, New Falcon Publications, Phoenix 1993, pp. 229-265. 9. Su queste vicende e più in generale sulla storia della Golden Dawn il testo canonico è quello di Ellic Howe: The Magicians of the Golden Dawn - A Documentary History of a Magical Order 1887-1923, The Aquarian Press, Wellingborough 1985. Sui contrasti del 1900 e le varie scissioni vedi in particolare i capp. 14 ("Rebellion in London") e 15 ("The Battle of Blythe Road"). 10. Cfr. Aleister Crowley, The Confessions of..., cit., pp. 213-214. 11. Cfr. ibid., pp. 159 e 213. Bisogna tenere in considerazione il fatto che Eckenstein era stato in India, in quanto aveva fatto parte della spedizione di Conway che nel 1892 aveva tentato la scalata al K2 (cfr. John Symonds, op. cit., p. 46). Potrebbe forse in questa occasione avere appreso qualche tecnica yoga. 12. Un resoconto di questi esperimenti si trova in The Equinox I, 4, "The Temple of Solomon the King", pp. 107-124. Eckenstein viene indicato con le iniziali "D.A.". 13. Ibid., p. 123. 14. Per il concetto di Yoga "classico" distinto dalle sue varianti "popolari" e "barocche" cfr. Mircea Eliade, Lo Yoga - Immortalità e libertà, Sansoni, Firenze 1990, p. 20. 15. Su questi elementi della pratica yoga, cfr. ibid., p. 62 e ss. 16. Israel Regardie, op. cit., p. 249. 17. Cfr. ibid., p. 253. 18. Cfr. Mircea Eliade, op. cit., p. 51. 19. A questo proposito vedi l'interessante introduzione di Stephen Skinner a: Aleister Crowley, The Magical Diaries of Aleister Crowley - 1923, Neville Spearman, Jersey 1979. Skinner è uno dei pochi che abbia colto, e messo in evidenza, questo aspetto della razionalità e della pretesa di scientificità in Crowley. 20. Cfr. Aleister Crowley, Magick, cit., p. 19 e ss. Dobbiamo qui notare che Crowley ha preferito intitolare questa parte del Book Four non "Yoga", come sarebbe stato ovvio, ma "Misticismo". La seconda parte è invece intitolata "Magia". Troviamo dunque in Crowley questa distinzione, e questa polarità, tra misticismo e magia. Sostanzialmente, per Crowley, il misticismo cerca il contatto diretto con il "divino", con l'"assoluto", che naturalmente non è mai visto in modo dogmatico. La magia, invece, è la ricerca del potere attraverso delle tecniche che operano su un piano sottile. Si potrebbe dire che con la magia si adoperano mezzi spirituali per ottenere fini materiali. Comunque la distinzione non è sempre netta, spesso misticismo e magia in Crowley si confondono. 21. Su questo aspetto vedi ciò che con grande equilibrio scrive Israel Regardie, che fu un discepolo di Crowley, in op. cit., p. 461 e ss. Per il Libro della Legge nel contesto delle nuove rivelazioni, magiche e religiose, cfr. Massimo Introvigne, "Livres magiques révélés et livres révélés religieux (d'Aleister Crowley aux nouvelles religions)" in Aries n° 15, Meudon, pp. 95-116. 22. Aleister Crowley, Magick, cit., p. 29. 23. Cfr. Aleister Crowley, The Confessions of..., cit., p. 240. Scrive Crowley: "The numerous practices of Yoga are simply dodges to help one to acquire the knack of slowing down the current of thought and ultimately stopping it altogether. This fact has not been realized by the yogis themselves. Religious doctrines or ethical considerations have obscured the truth. I believe I am entitled to the credit of being the first man to understand the true bearings of the question." 24. Cfr. René Guénon, Introduzione generale allo studio delle dottrine indù, Adelphi, Milano 1989, pp. 12-13. Scrive Guénon: "...l'esclusivismo degli orientalisti (...) e il loro schematismo sono invece tali da spingerli, per un'incredibile aberrazione, a ritenersi capaci di comprendere le dottrine orientali meglio degli orientali stessi..." 25. Aleister Crowley, The Confessions of..., cit., p. 386. Trad. mia. 26. L'idea di questo accostamento è di James Webb. Cfr. Il sistema occulto, SugarCo, Milano 1989, p. 303. Cfr. anche Massimo Introvigne, Indagine sul satanismo - Satanisti e anti-satanisti dal seicento ai nostri giorni, Mondadori, Milano 1994, p. 265 e ss., per la riscoperta negli anni sessanta e la lettura in chiave satanista di Crowley da parte di certi ambienti legati alla cultura hippy e psichedelica californiana. 27. Cfr. James Webb, Il sistema occulto, cit., p. 303 e Francis King, op. cit., p. 169, n. 7. 28. Cfr. Mircea Eliade, op. cit., p. 314. 29. Cfr. Patañjali, Yoga sûtra - con i commenti della tradizione, Mimesis, Milano 1992, p. 115. 30. Per quanto riguarda Culianu vedi il suo bel saggio: Ioan P. Couliano, Eros e magia nel Rinascimento, Il Saggiatore, Milano 1987. Per la definizione di magia come "scienza dell'immaginario" vedi p. 7. Nella stessa pagina lo studioso rumeno scrive anche: "In quanto scienza della manipolazione dei fantasmi, la magia si rivolge in primo luogo all'umana immaginazione, nella quale tenta di suscitare impressioni persistenti." Per quanto riguarda Faivre, invece, cfr. il suo L'esoterismo, SugarCo, C. 29-31. Scrive Faivre a p. 30: "Sarebbe istruttivo fare la storia dell'immaginazione in Occidente, cioè del suo statuto. Si metterebbe in luce così l'importanza del tipo di immaginazione di cui ci occupiamo." 31. Su questo aspetto degli insegnamenti della Golden Dawn cfr. S. L. Macgregor Mathers, Proiezione astrale, magia e alchimia, Mediterranee, Roma 1980, in particolare la prima e la seconda parte. 32. Cfr. Aleister Crowley, The Confessions of..., cit., p. 517 e ss. 33. Cfr. Israel Regardie, op. cit., p. 15. 34. Cfr. Reuben Fine, La psicologia del giocatore di scacchi, Adelphi, Milano 1976, p. 40 e ss. 35. Cfr. ibid., p. 41. 36. Cfr. Israel Regardie, op. cit., pp. 311-312 e Aleister Crowley, The Confessions of..., cit., p. 518. Anche Regardie fa un accostamento tra le pratiche yoga di Crowley, la sua abilità nel giocare a scacchi e il rituale dell'Augoeides. Scrive infatti a p. 313: "While riding on his pony every day [durante il suo viaggio in Cina], he would construct in his imagination a Temple. Because of the keenness of his imaginative faculty, plus the hard-earned ability to concentrate that his Yoga practice given him, we may be assured that it was a clear picture in every detail. This ability to play blindfold chess, as I have described it above, would more or less confirm my proposition that he had skill to do so." Marco Pasi | |